giovedì 18 agosto 2016

Pane, burkini e fantasia

Come sempre negli ultimi tempi, quando si parla di Islam, l'ennesimo dibattito inutile ha infiammato web e media. Burkini si o no? Giusto vietarlo, necessario ammetterlo? Premesso che ritengo che ciascuno debba vestirsi come gli pare, ho la sensazione che l'argomento nasconda una domanda ben più sottile e pressante ovvero: come possiamo aiutare le donne islamiche a liberarsi senza nel contempo offendere la loro cultura, le loro tradizioni, i loro valori? E' infatti indubbio che tra le centinaia (sono sicura che non sono di più...) di donne che si presentano sulle nostre spiagge vestite come palombari ve n'è alcune che scelgono, alcune che non possono scegliere, ed alcune che neppure si rendono conto che esiste una alternativa.
Trovo piuttosto stupido voler risolvere la questione con un divieto. Il burkini, come il burqua il niquab e simili, sono per noi un sintomo di un male strisciante, mentre per l'Islam sono un simbolo di appartenenza. Il mondo occidentale si intestardisce a voler curare il sintomo, e questo viene letto come un rifiuto del simbolo, con tutta l'irritazione che ne deriva.
La malattia che noi osserviamo nel mondo islamico è molto difficile da curare in modo sistemico, e riguarda l'assenza di libertà femminile (ancora maggiore che da noi, intendo).
Vedo poche strade per curare in modo sistemico tale malattia, e passano tutte dalla cultura e dalla informazione. Mi piacerebbe, ad esempio, che assistenti sociali e mediatori culturali avvicinassero quelle donne, e ponessero loro, ed ai loro mariti, due semplici domande:

  1. Perché indossi/a il Burkini?
  2. Cosa succederebbe se non lo indossassi/e?

Dalle risposte si potrebbe poi effettuare una analisi dei reali valori che stanno dietro a quella scelta, si potrebbe spiegare loro che anche le nostre nonne vestivano così, ma poi abbiamo capito che il costume da bagno è più comodo, si potrebbe osservare se in famiglia ci sono vessazioni o violenze. Ma dovremmo essere pronti ad accogliere e proteggere tutte le donne che fossero pronte a scegliere, e non è facile in un paese che non sa accogliere e proteggere neppure le sue donne "libere".

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