lunedì 8 agosto 2016

Marissa Mayer... E se fosse tutta invidia??

Negli ultimi giorni si è fatto un gran parlare e polemizzare sull'intervista a Marissa Mayer, AD di Yahoo. La signora viene accusata di ogni nefandezza, ma la peggiore di tutte è l'accusa di "non essere una buona madre" in quanto, alla nascita del suo primogenito, ha rinunciato al congedo di maternità...

Prima di qualsiasi commento vi propongo uno stralcio dell'intervista.

Lei è diventata madre per la prima volta poco dopo essere stata assunta in Yahoo, ed ha avuto due gemelle in dicembre, mentre la guerra di deleghe (ci si riferisce qui all'acquisizione da parte di Verizon n.d.t.) si stava preparando. Come ce l'ha fatta?
La società non poteva permettersi che il CEO stesse a casa per 4 o 6 mesi, così ho fatto in modo di gestire mio figlio all'interno della mia routine quotidiana. Lo tenevo in ufficio durante le call conference... [omissis]
La disturbano le critiche sulle sue scelte parentali?
A mio modo di vedere, quando si tratta di maternità si tende a giudicare troppo. Ci sono madri che vogliono lavorare; ci sono madri che hanno bisogno di lavorare; ci sono madri che vogliono stare a casa e madri che hanno bisogno di stare a casa. Uno dei migliori consigli che abbia mai ricevuto è che ci sono sempre moltissime buone decisioni, e poi c'è la decisione che assumi e che rendi parte integrante della tua vita. Nel mio caso, non ho scelto di rinunciare alla maternità; è semplicemente andata così. Avevo un bambino sano, e una azienda che aveva bisogno di me, e ho fatto in modo di conciliare le due cose...

Le parole della Mayer mi hanno dato da pensare; quante donne da noi possono permettersi di portare il figlio in ufficio, per garantire a lui ed all'azienda il massimo della continuità?
Quante aziende in Italia propongono nidi aziendali che consentano di gestire fin dai primissimi mesi del pargolo un equilibrio maternità-lavoro che non danneggi il bambino, né l'azienda?
E ancora, quante donne sarebbero disposte a fare delle scelte simili, invece di sfruttare ogni giorno disponibile di maternità?
La risposta alle tre domande è la medesima: pochissime.
Si scontrano infatti due fattori: da un lato la scarsità di supporti socio-economici che realmente facilitino la vita alle donne (leggasi:assenza di asili nido o costi spropositati), dall'altra un malcompreso senso della maternità, che impone alle donne l'obbligo di occuparsi in modo esclusivo del bambino, almeno nei suoi primi mesi. E se il giusto, come spesso accade, stesse nel mezzo?
Ritengo che una maggiore disponibilità da parte delle mamme a delegare la gestione dei bambini da un lato, ed a rinunciare a una parte dei privilegi dall'altra, potrebbe innescare finalmente un circolo virtuoso di collaborazione donna-azienda, nel quale sarebbero superati i preconcetti che vedono la donna in età fertile come un acquisto in perdita, e l'azienda come un cerbero che non consente alle madri l'adeguata carriera.
Passi significativi in questo senso si stanno facendo nella maggior parte dei paesi civili (no, non l'Italia...), nei quali si consente, ad esempio, alle deputate di allattare nel corso delle sedute fiume del parlamento (in Gran Bretagna e Australia).
Io di figli ne ho tre, e non ho dimenticato che la loro attività principale, per diversi mesi, era dormire. Ricordo bene che durante la mia prima gravidanza stavo seguendo un master universitario con obbligo di frequenza, e la mia primogenita, a 4 giorni di vita, mi accompagnava a lezione senza mai disturbare. Certo, ogni 3 o 4 ore dovevo assentarmi per qualche minuto per allattarla e cambiarla, ma non mi sono mai sentita obbligata a rinunciare alle lezioni, anche grazie alla comprensione dei docenti, ed al fatto che lei fosse un angelo. Non credo che la situazione sarebbe stata diversa se invece che in un'aula universitaria fossi stata in un ufficio, ma mi chiedo se avrei avuto il coraggio di farlo, e se avrei trovato negli imprenditori o nei manager la medesima comprensione. Ecco, probabilmente il punto è questo: trovare il modo di far capire alle aziende che le donne non diventano un peso quando diventano mamme, e alle donne che un figlio non è una palla al piede che deve confinarti e impedirti di proseguire con la tua vita. Insomma, come al solito è una questione di comunicazione.
E tanto per chiarire, io per la Mayer (per quanto il suo approccio all'americana sia indubbiamente eccessivo) provo una certa ammirazione, ed una buona dose di invidia...

Per chi volesse leggersi l'intervista:
Yahoo’s Marissa Mayer on Selling a Company While Trying to Turn It Around:




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